Oggi sono tante le sollecitazioni a guardare verso il futuro. La prima e forse la più stimolante arriva dalle continue novità high tech, computer sempre più potenti, realtà virtuale, interattività, ecc.. Per deviazione professionale, o forse anche per passione, ogni volta che la tecnologia fa un balzo in avanti, vedi gli ultimi schermi ultra slim e pieghevoli presentati al CES 2013 di Las Vegas, io mi metto a riflettere sul destino dell'Architettura, ma non solo sul "futuro", quello così lontano che non vedremo mai, ma sull'immediato futuro. In realtà il mio pensiero va verso quale sarà il futuro dell'Architetto, cioè umanamente mi preoccupò anche di me stesso e di chi giornalmente crede, con le proprie azioni, di portare sempre piccoli contributi al miglioramento di questo affascinante settore sociale che è appunto l'Architettura.
Allora non posso fare a meno di vedere che oggi l'architettura è rappresentata solo da pochi grandi studi, o meglio da pochi grandi architetti, i cosiddetti archistar, che con i loro progetti visionari e sempre fortemente eccentrici, hanno opzionato l'Architettura stessa. Sono loro che intercettano le grandi commesse, sono loro che si aggiudicano i grandi contest, sono loro che hanno condizionato le grandi città e sono loro che hanno condizionato l'Architettura. Sono quasi tutti ultra settantenni e non pochi ultra novantenni (recentemente Oscar Niemeyer è deceduto a 104 anni, in piena attività lavorativa). Qualcuno ha detto che i loro grandi progetti, le loro "visioni" (come oggi è moda dire) appartengono alla loro epoca di formazione, gli anni 70.
la scheggia di Renzo Piano (da Archiportale) |
Inoltre, mi domando, queste architetture, sono effettivamente progettate per la gente, quanto c'è di umano al loro interno?
Non sei famoso? allora, non sei ancora un vero architetto. Nel cosiddetto immaginario collettivo questa è l'immagine dell'Architetto, quello con la A maiuscola, l'archistar.
Cosa fanno i giovani, si struggono nella speranza di diventare, un giorno, famosi come loro, quella è la meta. Dovranno aspettare i sessanta anni di età ? Forse qualche speranza c'è l'ho anch'io, visto che mi manca poco a questa giovane età (chiaramente giovane per un architetto, oltre che per la politica italiana, visto come continuano a spostarci l'età pensionabile).
Scherzi a parte, non voglio parlar male dei grandi architetti, che effettivamente sono grandi, e non vorrei neanche rappresentare l'esternazione del "vorrei ma non posso", ma vorrei semplicemente capire quale sarà il futuro che ci aspetta.
Ma, perché uscire? Anzi, nessuno deve uscire altrimenti qualcuno potrebbe chiedersi: ma a che servono queste enormi strutture se non sono densamente abitate? Meglio evitare.
Dove è finito l'Architetto del "genius loci", colui che sapeva interpretare i bisogni della società per un continuo miglioramento della vita delle persone, per il benessere comune. Qualcuno ricorda le famose città a misura d'uomo ?
Tornando al futuro, proprio la tecnologia sempre più innovativa e futurista sta delineando, a mio avviso, la figura dell'Architetto del futuro.
La necessità di progettare edifici che abbiano tutti i requisiti dei moderni confort abitativi, la necessità di avere modelli di controllo per una adeguata gestione e manutenzione futura della costruzione, il tentativo di prevedere ogni possibile dettaglio in sede di progetto, stanno portando alla ricerca di software sempre più sofisticati per la progettazione e che permettano di far dialogare tra loro e costantemente più professionalità. Questi software stanno riproducendo, nostro malgrado, una importante forma sociale di collaborazione tra le diverse professionalità, dove ogni elemento sarà fondamentale e condizionerà il risultato finale che sarà la rappresentazione di una moltitudine di bisogni al cui interno emergerà la figura dell'Architetto, nella veste di coordinatore, magari grande coordinatore, ma non più come unica star.
In questo futuro vedo i giovani, unici veri interpreti del cambiamento. Ecco, ora mi sento vecchio.
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