Progettazione sostenibile, bioarchitettura, risparmio energetico, edilizia sostenibile e bioedilizia, architettura green, feng shui, e chissà quanti altri appellativi per indicare semplicemente il fare architettura nel rispetto dell’uomo e dell’ambiente.
Abbiamo già avuto modo di affermare che costruire significa modificare l’ambiente in maniera irreversibile; per ciò, la progettazione non potrà mai essere fine a se stessa.
Il progetto deve abbracciare il costruito e l’ambiente circostante, come unico ambito di proposta; costruire, significa modellare il paesaggio. La responsabilità dell’architetto è grande, l’intervento sul territorio non deve trasformarsi in una ferita, ma in una valorizzazione: l’uomo utilizza e sfrutta la natura, ma ne è anche parte integrante, per cui, più di ogni altro animale, gli deve un grande rispetto.
Una accurata ricerca, alla base della progettazione, deve portare all’impiego di materiali costruttivi di grande qualità che si integrano con la vegetazione circostante, in equilibrio tra loro ed in armonia con le nuove attività umane che vi si insediano.
Per cui, le varie terminologie, più o meno tecniche, non sono una sorta di discipline a se stante, il rispetto dell’ambiente non deve diventare una forma di disciplina per i teorici dell’architettura. Si, è vero, è importante che se parli sempre di più, è importante far capire alle persone, ed in particolare a chi si accinge a costruire la propria casa, quanto è irrinunciabile che vi sia armonia tra luogo e dimora, tra artificiale e naturale.
Oggi, anche in Italia, non siamo più nella fase della pura sperimentazione, già molte aziende italiane producono materiali da costruzione in bioedilizia; molte sono le materie prime naturali: terre crude, argille, sabbie selezionate, lana di pecora sarda, paglia di grano, canapa, gusci d'uova, erbe infestanti, sottolavorazioni di latte di pecora e capra, olio di oliva, sale e olio di mare, frutta e ortaggi.
Da un lato, il mercato edilizio è ancora fortemente condizionato dai materiali da costruzione “tradizionali”, la cui maggioranza si basa sui derivati del petrolio (vedi tutta la vastissima gamma degli additivi per calcestruzzo o i collanti per le mattonelle); dall’altro lato possiamo rischiare la moda “verde”, l’anticonformismo per forza, cioè un uso improprio dei materiali bioedili.
A mio parere, come il progettista, nella fase appunto di progettazione tiene conto dell’ambiente circostante e modella il nuovo fabbricato nel rispetto del luogo, lo stesso deve tenere conto dei materiali che saranno utilizzati. Ecco che, è più importante, impiegare materie prime tipiche del luogo, dove si costruisce, piuttosto che materie naturali “a tutti i costi”, magari che vengono chissà da dove, con costi di trasporto e fornitura tali da rendere l’intervento “insostenibile”.
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